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Cornea nel Medioevo
Il periodo normanno rappresentò per il villaggio longobardo l’inizio di un lungo e lento spopolamento fino al definitivo abbandono, avvenuto, probabilmente, nella seconda metà del XII secolo. Nella parte est del Cornea, oltre a Costa della Corte, vi era un mulino, costruito, con molta probabilità, nell’XI secolo da un consorzio di piccoli proprietari e, in seguito, acquisito per metà da Guglielmo I, Conte di Principato. Nel XII secolo il manufatto molitorio passò nelle mani dell’Arcivescovo di Salerno, il quale, grazie alle sue prerogative feudali, monopolizzò la molitura del grano e dei frumenti prodotti a Montecorvino, costringendo i suoi vassalli a servirsi solo del mulino di S. Eustachio.
- Questi casati sono di Montecorvino e vissuti nei vari villaggi per cui la loro localizzazione a Cornea e solo in forma ipotetica. A.D.S., Fondo Pergamenaceo, Arca III, A – 9 184 Por 801.
- L’idronimo Cornea deriva dal latino Cornius “corniolo” da cui Cornea, albero del corniolo. Dizionario Italiano di De Mauro.
Cornus mas LInneo 1753
Famiglia: Cornacee
Nomi dialettali: Crugnale (Umbria), Corvaro(Lazio), Prugnale (Abruzzo), Crognolo (Campania), Crugnaro (Calabria).
I cornioli sono arbusti alti fino a 5 metri con foglie ovate ed opposte. Il frutto del corniolo è una drupa (frutto carnoso) con la forma di uovo allungato. E’ di colore rosso scarlatto dal sapore acidulo. Gli infusi dei frutti sono ottimi nei casi di dissenteria. In Italia si trova in tutta la penisola e predilige i terreni calcarei. Vive nelle radure e sulle sponde di fiumi e torrenti. Il legno di corniolo è un legno molto duro, gli antichi romani ne facevano punte di lance e di frecce, nonché i raggi per le ruote dei carri. Attualmente viene usato nella fabbricazione delle pipe.
A cura di Rodolfo Tulipano- “958 marzo, Salerno, in sacro palatio: Gisulfo principe, su petizione di Pietro
, vescovo di Salerno, concede alla Chiesa salernitana tutto quanto possiede tra il ruscello Trauso e i fiumi Cornea e Tusciano. << … Da ribus qui dicitur Transu e usque acquam de Cornia et da ipsa Cornia usque flubium Tuscianum ..>>. A. Giordano, Le pergamene dell’Archivio Diocesano di Salerno (841-1193), Battipaglia 2015, pp. 6-7.
Isca e la Peza
- “11 luglio 1690: Lo ponte della Peza da sopra il casale della Corgna”. A.S.S., notaio G. Abinente, B. 3313.
- “20 ottobre 1555: Il Magn. Innocenzo D’Alessio vende a D. Gio Pietro Barbiero, D. Silvestro Pico e D. Maffeo D’Alessio, Cappellani della chiesa di S. Eustachio, la terza parte di un oliveto, sito in casale Cornea e proprio dicitur Varco dela Gota, confinante con Remedio Diomelodiede, fiume Cornea e altri per un prezzo di duc. 3” A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3250.
- “16 giugno 1566: Innocenzo D’Alessio dona alla Venerabile Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo di S. Eustachio un olivito, sito nel casale Cornea, nel loco ditto lo Varco dela Gota, giusto via pubblica, eredi di Cesare D’Alessio e Vallone Cornie che scende da Imbracchio”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253.
- “24 agosto 1762: oliveto sito nel luogo detto l’Ische o sia la Pezza”. A.S.S., notaio M. Ragone, B. 3384.
- “15 ottobre 1710: Isca della Faragna”. A.S.S., notaio A. Satriano, B. 3331. “19 agosto 1712: La Peza seu la Gota, confinante col fiume Cornea. A.S.S., notaio A. Satriano, B. 3332.
Faragna-Piano Antico
Note
- “Nella zona montuosa del nostro territorio riscontriamo la presenza dei toponimi Faragna, Farinola e Farmano, che ci richiama al termine più antico della presenza longobarda: la Fara”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, Battipaglia 2001, p. 13.
“Il libro XI dello pseudo Maurizio è dedicato alla abitudini di guerra dei vari nemici dei Bizantini. I Longobardi già al tempo di Alboino si presentano con una organizzazione militare. Il carattere della loro penetrazione in profondità su alcuni capisaldi bizantini, lascia chiaramente intendere che le loro fare erano dei gruppi di guerrieri a carattere gentilizio impiegati come tali in combattimento. Del resto lo pseudo Maurizio lo dice chiaramente”. F. Sabatini, Riflessi linguistici della dominazione longobarda nell’Italia mediana e meridionale, in Atti e Memorie dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere la”Colombaria”, n.s. XIV, XXVIII, 1963-64, pp. 146-147. A. Pertusi, Ordinamenti militari bizantini, in Ordinamenti militari in Occidente nell’alto medioevo. Settimane di studio del CISAM, XV, Spoleto 1967, p. 673. P. Natella, Vignadonica di Villa: Saggio di Toponomastica Salernitana, Agropoli 1984, p. 14. - A. Cammarano, Riflessi di latinità nella toponomastica dell’Agro Picentino, in R.S.S. n. 23, p. 64.
- “Il termine fara, nella prima fase della conquista longobarda, ebbe il significato di corpo di spedizione, che si componeva di gruppi gentilizi. Più tardi, quando gli scopi militari dell’espansione incominciarono a venir meno, indicò un nucleo abitato o una unità di insediamento. Solo più tardi, quando le migrazioni delle fare più non ebbero scopi militari e il popolo invasore aspirò a una stabilizzazione e ad un più diretto possesso delle terre conquistate, la fara si trasformò in una unità di insediamento: la parola stessa venne così a designare il luogo di residenza del nucleo longobardo ed anche l’intera unità territoriale assegnata ad essa”. F. Sabatini, Riflessi linguistici della dominazione longobarda nell’Italia mediana e meridionale, op. cit., p. 147.
- “La località comprende altri toponimi quali le Castelluccie e Campo Rotunno, cosa che fa presupporre che inizialmente l’insediamento fosse a carattere militare, sotto la guida del Faraman, proveniente da Benevento. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 118.
- “Il nome Antico è dovuto, quasi certamente, alla popolazione di Montecorvino per indicare che il luogo in passato era abitato da genti longobarde”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 118.
- “Il toponimo deriva da Faraman, il quale indicava il nobile longobardo dipendente dal Duca di Benevento. Ottavio Bertolini a pagina 513, nelle note riporta A. Cavanna e il suo studio sui toponimi della Lombardia e del Piemonte dove cita Faramagna, Faramannia, Faramagnia e Faramania”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., pp. 118-125.
“…. C’è un perfetto parallelismo fra l’organizzazione faramannica e quella arimannica, poiché la base comune è il servizio militare, il presidio di luoghi di interesse strategico o comunque militare, la concessione di terre in parte appoderate ed in parte di uso comune (pascoli e boschi), ma la differenza fondamentale è nella direzione della fidelitas che lega l’exercitales al capo: Il faramanno al suo dux (e solo mediatamente al re attraverso la fidelitas del duca), l’arimanno direttamente al re …”. C. Mor, Lo stato longobardo nel VII secolo, in caratteri del secolo VII in Occidente, Settimane di studio del CISAM, V, Spoleto 1958, pp. 280-281. - “24 novembre 1588: Un oliveto sito in loco lo Chianello, sopra il casale de Votraci, e sopra la Ripa della Manda, confinante con detta Ripa della Manda e con Rettoria di S. Maria della Pietà”. A.S.S., notaio V. Vasso, B. 3262.
- A.D.S., Reg. Mensa n. 33. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., pp. 27-43.
La Foresta e Madonna dell’Eterno
Note
- “15 ottobre 1594: La Mensa Vescovile di Acerno possiede una foresta sita sopra Santa Maria dela Terna, volgarmente detta la Foresta di Monsignore”. A.S.S., notaio V. Vasso, B. 3264.
- “29 dicembre 1553: D. Joe Giacomo Rodoero di casale S. Martini, in qualità di Procuratore del Capitolo di S. Pietro de Rubella, assegna in perpetuo ad Annibale Diomelodiede, del casale Cornie, quondam Feudo, posto ubi dicitur Santa Maria dela Terna, confinante con gli eredi del fu Gregorio Diomelodiede, via pubblica, giusto vallone et altri confini, per un estaglio annuo di grana 15 da pagarsi nel mese di agosto nella festività di S. Donato. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3250.
- P. Natella, Vignadonica di Villa: Saggio di Toponomastica Salernitana, op. cit., p. 2. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., pp. 65-101.
- Visita Pastorale di Mons. Glielmi del 1665. A.D.S., Fondo Acerno Visite Pastorali 1612-1734, coll. N. 27. S. Paraggio, La Chiesa di S. Pietro. Insigne Collegiata Matrice Curata. Notizie e documenti, Battipaglia 2003. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., pp. 65-101.
- “Il culto di origine medievale, è documentato nelle nostre zone da recenti studi storiografici”. A. Galdi, Santi Territori Poteri e Uomini nella Campania Medievale, Serino 2004.
“Nel 1327 vi fu un lascito di Putifredo di una tunica bianca per tutti gli anacoreti della zona di Eboli, una presenza questa assai significativa per delineare un quadro della religiosità locale, ma di cui altrimenti non avremmo notizie”. G. Vitolo in Presentazione del volume: C. Carlone, I regesti delle pergamene di S. Francesco di Eboli, Salerno 1986, p. XII. - “Intorno a questo eremo si sviluppò una particolare devozione che favorì, attraverso lasciti e donazioni, la fondazione di un Beneficio, gestito dal clero locale. Le relazioni dei vescovili del XVII secolo ci informano che la conduzione religiosa ed economica della cappella era affidata al Primicerio del Capitolo di S. Pietro” D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., pp. 65-101. S. Paraggio, La Chiesa di S. Pietro, op. cit., pp. 49-127.
- Il vallone della Madonna dell’Eterno non è l’attuale sito dove la tradizione pone la grotta ma è quello che precede il piazzale e l’attuale santuario. Nei vari documenti seicenteschi, infatti, il vallone della Madonna dell’Eterno e la via pubblica che conduceva alla piccola chiesetta sono chiaramente identificati con il vallone che dall’attuale piazzale scende al piccolo bacino del mulino e confluisce poi nel fiume Cornea. Nel mese di agosto del 1697, “il Capitolo di S. Pietro possiede un territorio con alberi di querce, olive e terra vacua ed incolta, sita e posta nel luogo detto il Moro, proprio nel casale Cornea, giusto i beni degli eredi del fu Agostino D’Alessio, giusto l’oliveto del Rev. D. Pietro Paolo e Orazio Provenza, corso dell’arcatura, Beneficio di S. Antonio della famiglia Notargiacomo, giusto il vallone di Santa Maria dell’Eterno”. A.S.S., notaio G. Abinente, B. 3315, 26 agosto 1697.
- “10 settembre 1764: Pascale Mangino del fu Sabato, del casale Molinati, possiede un oliveto in pertinenza del casale della Corgna, nel luogo da sopra la Murata, confinante con la via pubblica, co il Tempone di S. Lonardo e col Vallone di Santa Maria dell’Eterno”. A.S.S., notaio S. Corrado, B. 3352.
- “29 dicembre 1553
D. Joe Giacomo Rodoero di casale S. Martini, in qualità di Procuratore del Capitolo di S. Pietro de Rubella, assegna in perpetuo ad Annibale Diomelodiede, del casale Cornie, quondam Feudo, posto ubi dicitur Santa Maria dela Terna, confinante con gli eredi del fu Gregorio Diomelodiede, via pubblica, giusto vallone et altri confini, per un estaglio annuo di grana 15 da pagarsi a detto Capitolo nel mese di agosto nella festività di S. Donato”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3250. - “Uno dei gruppi famigliari più importanti ad Olevano tra i secoli XIII e XIV sembra essere quello dei Demiludedis. Un Demeloddeeus è ricordato tra i boni homines dell’inchiesta di Niccolò d’Aiello del 1203 mentre nel 1233 Petrus Demiludedis è baiulo di Olevano, personaggio in grado probabilmente di acquistare tale magistratura – si ricordi che l’ordinamento federiciano prevedeva che tale ufficio potesse essere concesso gratuitamente e a titolo oneroso, in ogni caso solo a personaggi di comprovata fedeltà al sovrano e rettitudine. Si tratta probabilmente dello stesso giudice Petrus de Demilodedis, testimone (ad hoc specialiter convocatus) nel 1240 della ricordata compravendita di una parte di un trappeto che vide come attore l’arcivescovo Cesario. Un altro iudex Demiludedi compare in un atto del 1250. Poi una lunga assenza nei documenti fino a giungere al 1307 quando un giudice Deumilududum capeggia i sindaci, procuratores et nuncios eletti dagli olevanesi, concives eorum de melioribus, nel riconoscimento definitivo delle prerogative monopoliste sui frantoi dell’arcivescovo dominus”. A. Di Muro, Terra uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana (secc. XI-XIII), Modugno 2012, pp. 139-140.
- “Gregorio di Damolidei testimone, chiamato, giurato ed interrogato … sul quarto [articolo] … [interrogato] sulle circostanze disse che lo stesso teste per tutte le cose, e aggiunse che lo stesso teste e suo fratello comprarono il detto erbaggio per sessantadue once dagli Ufficiali del signor Arcivescovo. Interrogato da quanto tempo disse da quarant’anni”. A.D.S., Reg. Mensa n. 33. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., pp. 24 a 33.
Pezza de Campo de Crogna
Note
- “Nella Città di Salerno, anno 1345, mese di Maggio, giorno 13, avanti a Noi Simone Capograsso, Giudice della Città di Salerno e i Testi qui vocati Domino Johanni Trotta (Troccu o Trocta) de Acerno, presbitero Cardinale della Majore Ecclesia Salernitana, Abbas Magdaleno, Abbas Petrus de Padula de Pinctulo, Notar Nicolò de Egrario (Agrario).
Dompnus Guglielmo Gallo de Montecorbino, figlio del quondam (fu) Petri, si accorda e riceve dal Rev. Padre in Christo Benedetto, per Grazia di Dio Arcivescovo di Salerno, in nome della Ecclesia Maggiore di Salerno, il consenso e l’assenso su di una vendita fatta di una integra terra, cu castagneto, che emisse (comprò) da Nicolò Giudicemattei, que pertinente Ecclesie Salernitane in Montecorbino, e precisamante vicino ai beni del fu Pietro …., da altra parte ribus (torrente) Corgne, i beni del relitto Jacomo (o Jovanni) Caroprese, per una metà. L’altra parte emisse (comprò) da Dompnus Robenia, figlia del fu Giudice Amato, similmente pertinente Montecorbino, consistente in una integra terra, in ditto loco, confinante con Nicolò Cesario et altri, in parte coltivata (laborata), con annuo censo alla predetta Ecclesia Maggiore di Salerno. Detto Dompnus Guglielmo promette di pagare detto censo alla detta Ecclesia Maggiore. Il Rev. Padre Benedetto concede il suo assenso su dette vendite.
Io Notaio Cimino di Salerno ho scritto quanto sopra”
A.D.S., Fondo Pergamenaceo, Arca III, A – 9 184 Por 801. - Feudo di Benuto Magistro Morretta del 12 dicembre 1380: “Item alia terra con olive nel loco ubi dicitur Campo de Corgna, giusto fiume Cornee et alii. Detto bene è devoluto per la morte di Antonii Palleni di detta Terra”. A.D.S., Reg. Mensa n. 33.
- A.D.S., Reg. Mensa n. 22, 24 marzo e 21 giugno 1465. Vedi in questo sito alla voce Borghi: Votraci.
Costa della Corte e Valle di Stasio
Note
- Scheda di Costa della Corte in appendice.
- “30 maggio 1570: Il Magn. Innocenzio D’Alessio vende a Vito Antonio Denza una possessione con alberi di olivi, querce et altri alberi fruttiferi, in pertinenza del casale Cornia, ubi dicitur Costa della Corte, confinante con Agostino de Giglio, Rogeri Pezuti, via pubblica et altri”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3254. Nel 1716, un documento specifica che “il luogo l’Animara era attraversato dalla via pubblica antica”. A.S.S., notaio A. Satriano, B. 3332, 20 aprile 1716.
- L’aristocrazia longobarda era dedita alla caccia nelle foreste dei monti Picentini per cui si può ipotizzare che la curtis e la chiesa fossero utilizzati come luogo di raduno e residenza momentanea da un nobile salernitano e dai suoi amici.
- “La fondazione e riconducibile a un tipico insediamento longobardo curtis-chiesa e legata alla diffusione del culto di S. Eustachio nelle nostre zone intorno all’anno Mille: una chiesa omonima è attestata, infatti, nella vicina Olevano nel 985”. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., p. 23. Per la nuova collocazione a Costa della Corte-Valle di Stasio vedi scheda di Valle di Stasio in appendice.
- M. Morcaldi – M. Schiani – S. Di Stefano, Codex Diplomaticus Cavensis, II, Neapoli 1873-1893, pp. 222-223, 10 marzo 985.
- “Le fonti cronachistiche, in particolare l’Anonimo salernitano del X secolo, informano di alcuni episodi avvenuti durante le battute di caccia in queste zone. L’elemento selvatico spesso fa da sfondo a storie di violenza e di morte o di apparizioni, e la caccia ne è sovente il filo conduttore”. A. Di Muro, La Piana del Sele in età normanna-sveva. Società, territorio e insediamenti (ca. 1070-1262), Martina Franca novembre 2005, p. 109.
- “L’uso diffuso tra i Longobardi di frazionare il patrimonio famigliare in più porzioni causò l’impoverimento delle rendite del beneficio e il degrado strutturale del fabbricato.
La Corte
Note
- “10 settembre 1623: Testamento di Annibale Corrado. Fra i vari beni possiede un oliveto detto la Corte”. A.S.S., notaio A. D’Alessio, B. 3293.
- “18 febbraio 1751: Li Signori Dott. D. Cesare e Rev. D. Biase Vicinanza, padre e figlio di Montecorvino, dichiarano al Sign. Notar Silvestro Corrado, del medesimo Stato, che possiedono due oliveti, uno detto Cotone o Portella e l’altro al luogo la Pezza. L’oliveto Cotone o Portella è sito nelle pertinenze del casale della Cornia, confina da sotto la via pubblica o sia fiume Cornea, da sopra l’oliveto del Sign. D. Diego Masucci, da due lati esso Notare e uno di quelli col vallone di Quattrocchi. Ora che in occasione dimorano a Salerno, per il cui effetto no possono attendere alla cultura dei due oliveti, e al riparo che ci vogliono nelle dimossoti, nel detto oliveto di Cotone, che vengono minacciati da detto fiume Cornea e dal vallone Quattrocchi, hanno deciso di venderlo al detto Notare per un prezzo di duc. 335”. A.S.S., notaio F. Punzo, B. 3373.
Il Mulino di S. Eustachio
Negli anni ’80 del secolo, il mulino e l’orto contiguo era gestito, probabilmente, da Oliviero e Graffia, coniugi di Montecorvino, capaci e fedeli vassalli della Chiesa Maggiore di Salerno. Negli anni ’90, le vicende che interessarono l’Arcivescovo Matteo D’Aiello e la negligenza dei baglivi o di altri ufficiali arcivescovili (6), consentirono ai due coniugi di impadronirsi del manufatto e dell’orto, divenendone di fatto proprietari. Alla morte di Oliviero, subentrò nella gestione il figlio Matteo, il quale continuò, insieme alla madre, a usurpare e detenere i due beni ecclesiastici. Nel corso del 1201, Matteo D’Aiello rientrò a Salerno dopo una breve prigionia in Germania e vista le condizione penosa in cui versavano i beni della sua Chiesa, decise di porre rimedio alle tante usurpazioni avvenute durante la sua prigionia. Per recuperare il mulino di S. Eustachio incaricò Gualtiero, suo Camerario, a fare tutti gli atti necessari contro la famiglia Oliviero. Di fronte al pericolo di un contenzioso legale con il Metropolita, Matteo e sua madre si accordarono con il Camerario Arcivescovile, stipulando atto pubblico nel gennaio 1202. Il contratto stabiliva che Matteo e Grafia, col consenso di Arminia, moglie di Matteo, rinunziassero in favore dell’Arcivescovo su qualsiasi pretesa o azione giudiziaria, presente o futura, sulla metà di mulino. Il Camerario, a sua volta, in nome e per conto del Metropolita di Salerno, concesse a Madre e Figlio la piena proprietà dell’orto contiguo e la quarta parte delle rendite ricavate dal mulino senza oneri o spese per gli accomodi del manufatto molitorio. Da quando stabilito nel contratto, quindi, Matteo ottiene a vita natural durante una rendita sicura sulla porzione contestata e, con molta probabilità, la gestione della metà del manufatto, consentendogli il controllo totale del prezioso mulino. Da quando emerge dalla stipula, secondo il mio parere, Oliviero, Graffia, Matteo e Arminia non abitano nel mulino, ritenuto poco consono al loro “Status Sociale”, ma, con molta probabilità, risiedono in uno dei tre borghi di Molinati e Cornea: Curti, Botracoru-Greci e la Murata, dove possiedono case e beni vari.
Note
- Un documento del 1202 cita il mulino di S. Eustachio con relativo orto, posizionato da Paolo Tesauro Olivieri a Eboli. Il manufatto, invece era ubicato a Montecorvino, dove la Mensa possedeva il predetto mulino, cosa confermata da documenti sei-settecenteschi e dalla descrizione del sito. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 120.
- “Il diploma consente di individuare una serie di elementi che segneranno la vicenda della società olevanese fino all’età moderna. Se è possibile intravedere la presenza di un frantoio che potremmo definire bannale, notiamo come il principe neghi di fatto alla Chiesa salernitana alcuni diritti che connotano molte signorie territoriali, quali il monopolio sui mulini e, meno frequentato, il controllo sulla mobilità della popolazione attraverso il formaritaggio e neppure sono ricordate altri tipi di limitazioni alla possibilità di cambiare residenza o censi per l’abbandono del territorio. La possibilità di costruzione di mulini e il diritto di esazione sulle attività di questi costituisce un dato davvero singolare nelle carte di consuetudini dell’epoca: non si ritrova nulla del genere, ad esempio, nei castelli cassinesi nella seconda metà dell’XI secolo. E’ possibile che tali introiti servissero per le necessità della comunità, si potrebbe così interpretare la precisazione che i mulini potranno essere costruiti in uno sedio, ovvero in un unico punto del territorio, pertanto difficilmente sarebbero potuti configurarsi come mulini di proprietà di singoli personaggi.
L’ipotesi di un mulino comunitario risulta a questa altezza cronologica difficilmente dimostrabile, tuttavia qualche decennio più tardi nella vicina contea dinastica di Giffoni è attestata la presenza di una oleara, un frantoio, che è pertinens hominibus iufunensibus nostris subiectis (DTC., 9, a. 1096), testimonianza che lascerebbe scorgere la presenza di un frantoio comunitario”.
A. Di Muro, Terra, uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana, op. cit., pp. 53-54. - S. Palmieri, Mobilità etnica e mobilità sociale nel mezzogiorno longobardo, op. cit., pp. 79-99. Nel novembre 1054, la chiesa di S. Massimo di Salerno assegna il suo mulino sul fiume Irno a Costantino molinator, figlio del fu Basilio. C.D.C., VII, p. 260.
- P. Tesauro Olivieri, Oliviero? ..Nomi, cognomi e personaggi nella prospettiva della leggenda e della storia, Salerno 1968 pp. 193-194. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., pp. 120 a -122. Documento n. I
- Nel secolo sono documentati Guglielmo II (1107-1128) e Guglielmo III “che rimase Conte di Principato fino al 1156 quando, sconfitto dal re normanno Guglielmo I, cui si era ribellato, scelse la via dell’esilio e la Contea di Principato passò sotto il diretto controllo del sovrano”. A. Di Muro, La Piana del Sele in età normanna-sveva. Società, territorio e insediamenti (ca. 1070-1262), op. cit., p. 24.
- A. Di Muro, Terra, uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana, op. cit., p. 55.
- Nel 1425 la costruzione dei mulini e della balcheria era già avvenuta, così come appare nella concessione feudale assegnata a Bartolomeo Pico. Questo personaggio, molto legato all’Arcivescovo Guglielmo riceve la caduta dell’acqua dei tre manufatti, con la possibilità, poi avvenuta, di costruire una macina olearia o un’altra balcheria.
Concessione feudale di Bartolomeo Pico del 25 novembre 1425: “Item un certo (quondam) dirupo di acque seu acque molendino inferiore de dicta terra Montecorvino e del (cuius) panditario de panni co tritorio con (quo) de battinderio de panni (pannos), giusto flumen Cornia, giusto ditto molendino inferiori et altri in perpetuo a te e i tuoi eredi, con obbligo di consegnare ogni anno libbra due di cera laborata”. A.D.S., Reg. Mensa n 33. - A.S.S., notaio A. D’Alessio, B. 3295, 17 agosto 1631.
La Murata
Note
- “29 agosto 1728: Divisione di beni dei fratelli Ambrogio, Ippolita, Portia e Lucrezia Meo: Un oliveto chiamato la Murata, confinante con la via pubblica, il Sign. Francesco Aitoro e il vallone Quattrocchi”.
- A. Di Muro, Terra, uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana (secc. XI-XIII), Bari 2012, pp. 71-149-150.
- “Un esempio di casale medievale giunto sino ai giorni nostri nella strutturazione medievale può considerarsi il sito di Caprarizzo individuato nei pressi della frazione Monticelli di Olevano sul Tusciano. I resti dell’abitato, privo di mura difensive, di cui non si rinvengono tracce sicure nelle fonti scritte, si elevano lungo il versante orientale del colle Pompogni. I ruderi delle abitazioni che costituiscono l’insediamento si dispongono lungo una serie di terrazze artificiali per un dislivello di ca 15 metri. Si tratta di edifici abitativi e produttivi elevati tra il XII e XIII secolo”. A. Di Muro, La Piana del Sele in età normanna-sveva. Società, territorio e insediamenti, Bari 2005, pp. 47-48.
- La presenza di un ramo della famiglia Damolidei nel villaggio di Cornea (9) ci fa ipotizzare che questa famiglia in origine si sia trasferita da Olevano a Cornea e precisamente in uno dei due luoghi chiamati La Murata. La sua posizione geografica, nelle vicinanze dei vecchi nuclei di Cornea, e le attività di pastori e gabellotti svolte da alcuni suoi membri sono dei validi indizi per ipotizzare che il che padre dei due fratelli Damolidei si sia trasferito da Olevano al nostro insediamento nel corso della prima metà del ‘300.
La Fontana
Note
- 1575 o 1576. A.S.S., notaio P. Bracale, B. 3260.
- A.D.S., Reg. Mensa n. 22, 24 marzo e 21 giugno 1465. Vedi in questo sito alla voce Borghi: Votraci.
- Nel feudo concesso a Giovanni Barracchis 1437 vi era un terreno sito in località Santo Cerino, confinante con Nunzio D’Alessio. A.D.S. Reg. Mensa n. 33.
- A.D.S., Reg. Mensa n. 22, 24 marzo e 21 giugno 1465. Vedi in questo sito alla voce Borghi: Votraci.
- A.D.S., Reg. Mensa n. 27.
- F. Serfilippo, Ricerche storiche sulla origine di Montecorvino nel Principato Citeriore, Napoli 1856, p. 100.
Casale Soprano
Note
- A.D.S., Reg. Mensa n. 33.
- A.D.S., Reg. Mensa n. 33.
Casale Sottano
- A.D.S., Reg. Mensa n. 22, 24 marzo e 21 giugno 1465. Vedi in questo sito alla voce Borghi: Votraci.
S. Lazzaro
Tuttavia non si può escludere l’origine occidentale di questo culto, attraverso la diffusione della “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze. Nel medioevo il nostro Santo era ritenuto protettore dei malati di lebbra, apponendo all’interno dei “lazzaretti” la sua immagine. Nel periodo delle crociate i cavalieri che avevano contratto tale malattia fondarono l’ordine di “S. Lazzaro” per curare e accogliere i commilitoni lebbrosi. Riteniamo che la fondazione della nostra chiesetta sia legata inscindibilmente alla guarigione di qualche lebbroso o all’opera meritoria di qualche cavaliere” (1).
- D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., pp. 59-90-91.
Scheda: Costa della Corte
Note
- A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3252, 15 aprile 1561.
- “23 gennaio 1568: Il Magn. Innocenzio D’Alessio assegna al Magn. Fabio D’Alessio una terra con alberi di querce et altri alberi fruttiferi, sita ubi dicitur Contrafuni, in pertinenza del casale Corgna, consistente in due parti, la prima del fu Joe Tomaso Pezuti, e l’altra del fu Valiani Pezuti, giusto Costa della Corte”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3254.
- A.S.S., notaio A. D’Alessio, B. 3296, 5 maggio 1634.
- A.S.S., notaio M. Ragone, B. 3383, 20 febbraio 1756.
Scheda: Valle di Stasio
Note
- “1 maggio 1554: Antonio Trotta, del casale Crogna, vende a D. Innocenzio D’Alessio, del medesimo casale, un oliveto sito in detto casale, ubi dicitur la Valle di Stasio, confinante con altri beni di detto D. Innocenzio, Amato D’Alessio e altri, per un prezzo di duc. 1”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3250.
- A.S.S., notaio F. Punzo, B. 3374.
Scheda: Valle di Stasio
Ferrari nel Medioevo
- “26 ottobre 1559: Ampilio Damolidei vende a Maffeo Damolidei una terra ortale con alberi di fico et olive, sita nel loco ubi dicitur la Corte, bono Salemme Invidiato, Remedio Damolidei et altri”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3251.
- L’antroponimo è documentato nel 1504: Costantio Damolidei di Montecorbino per un pezo di terra con olive e vite vitato ubi do li Durchi”. A.D.S., Reg. Mensa n. 2.
Fontigliano
Nella fascia di territorio posta fra l’attuale Ferrari e l’antico sito di Rocca Solla, al di sotto della via Ferrari-S. Martino, (1) fu fondato da un Fontilius un fundus con relativa abitazione, depositi per i prodotti agricoli e stalle per gli animali domestici. Collegato con i vicini fundus di Nebulano e Casa Marzana, era dotato di una sorgente perenne, denominata nel XVI secolo Acqua Viva, (2) che garantiva un approvvigionamento idrico per tutto l’anno. Il nucleo abitativo era al centro di una vasta proprietà, diretta dal conductor locale, abitato da manodopera servile e da allevatori di bestiame. Rappresentava, insieme alle varie Pezze (fondi agrari), fra il tardo antico e il periodo latino medievale, l’unica entità umana presente presso gli attuali villaggi di S. Eustachio.
- “10 febbraio 1562: Il Magn. Innocenzio de Alessio vende a Massenzio de Angelo una terza parte di una possessione, sita nel casale Ferrarioru e proprio dicitur Fontigliano, pertinente Montecorvino, giusto i beni di Carolo de Angelo, via pubblica, Vespasiano Damolidei, giusto fiume Cornea, per un prezzo di duc. 40. Due parti sono di detto Innocenzio e la terza parte è redditizia a Santa Maria di Fontigliano”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3252.
- “26 aprile 1597: Acqua Viva detta Fontigliano. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3273.
La Rocca
- “29 luglio 1565: Nella dote di Vita de Gilio, sposata con Allegracore Diomelodiede, vi è una casa consistente in cinque membri, soprani e sottani, sita nel casale Ferrari, confinante con Miliani de Gilio, via pubblica et altri. Item una terra ortale contigua, sita nel medesimo casale e proprio dicitur la Rocca, confinante con Joe Sapati de Gilio, Politoro de Gilio et altri”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253.
- Elenco dei beni della Chiesa di S. Pietro del 1634: “Il clerico Govan Carlo Denza rende ogni anno sopra l’oliveto sito alla Rocca, confinante con li beni di Santa Maria della Rocca, il giardino dei Padri Cappuccini e la via pubblica che va a Ferrari”. Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. 15, p.
- “1 gennaio 1585: Pompeo Damolodede possiede due domo, una terranea detta la macina co cellara seu fabrita contigua e l’altra palaziata, con orto murato, similmente contiguo, siti nel casale Ferrarioru, confinante con gli eredi di Joe Fabrizio Damolidede, giusto torrente Acqua Viva e altri”.
- A. Giordano, Le pergamene dell’Archivio Diocesano di Salerno (841-1193), Battipaglia 2015.
Sei – D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, Montecorvino Rovella febbraio 2018, pp. 70-106. S. Paraggio, La Chiesa di S. Pietro. Insigne Collegiata Matrice Curata. Notizie e documenti, Battipaglia 2003, p. 49.
Rocca Solla
- “21 novembre 1555: Cristofano Vasu di Ferrari assegna a Troiano Diomelodiede, tutore di degli eredi di Geloromo Diomelodiede, del medesimo casale, una vinea vineata con alberi di olivi, querce et altri alberi, sita nel loco ditto la Rocca de Solla, giusto i beni di Jacobi de Cunzolo, Martino Piccolo, eredi del fu Joe Tomasi Pezuto”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3250.
“16 febbraio 1613: Matrimonio fra Tomaso Vasso, figlio del fu Laudisio e Altabella Denza, e Ortenzia Invidiata. Alla sposa viene assegnata una dote in corredo, denaro corrente e beni, fra cui una possessione sita a Rocca de Solla, confinante con Antoni Scafilo, Michele Piccolo, via pubblica e via vicinale e proprio quella porzione soprana con certi piedi di olivi, vigne ed altri alberi fruttiferi, come tira un fosso et esce ad un pede de ulmo con edera alla confino di Antoni Scafilo e continua fosso fosso al diritto alla via pubblica a un altro piede de ulmo”. A.S.S., notaio V. De Dina, B. 3277. - G. Coppola, L’architettura dell’Italia Meridionale in età normanna (secoli XI-XII), Napoli maggio 2005, pp. 40-41.
- “Simon de Imperato qui dixit sororem Alferii Pappacarbonis sicut dixit Goffridus Corsellus tenet Villanos XV e cum augmento obtulit militem unum”. “Simone de Imperato che aveva sposato la sorella di Alferio Pappacarbone, così come ha testimoniato Goffredo de Corsellis tiene quindici villlani e con l’aumento ha offerto (oppure dato) un milite”.
“Guido de Imperato sicut dixit Goffridus Corsellius tenet Villanos IX et cum augumento obtulit militem unum”. “Guido de Imperato così come ha testimoniato Goffredo de Corsellis tiene nove villani e con l’aumento ha offerto (o dato) un milite”. E. Jamison, Catologus Baronum, da fonti per la storia d’Italia n. 101, Roma Istituto Geografico Italiano 1972, pp. 96-98-100. E. Cuozzo, Catalogus Baronum, Commentario Roma, Istituto Storico Italiano 1984, pp. 532-533.
La Fratta
- “Fratta da Fracta, luogo incolto e pare vicino al luogo fortificato o anche da terreno disboscato, recinto murato”. S. Pellegrini, Attraverso la toponomastica urbana medievale in Italia, in Topografia urbana e vita cittadina nell’alto medioevo in Occidente, in Settimane di studio del CISAM, XXI, Spoleto 1973, p. 447.
- “7 marzo 1583: Andrea e Antonio de Alessio possiedono una terra con alberi di olivi, ulmo, fico et altri alberi fruttiferi, sita in casali Ferrari e proprio ubi dicitur la Fratta seu la Rocca, giusto la via pubblica, Magn. Diamante Diomelodiede, e Leonardo Pezuti”. A.S.S., notaio N. Venturello, B. 3249.
- “4 agosto 1607: Possessione alla Fratta detta Rocca Solla”. A.S.S., notaio V. Vasso, B. 3266.
- 15 febbraio 1706: Oliveto a Ferrari, confinante con la strada pubblica ad oriente”. A.S.S., notaio G. Abinente, B. 3317.
- “5 maggio 1508: Donazione di beni del Rev. D. Gennaro Maiorino alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie da lui fondata a Montecorvino:
Item un’altra terra, sita e posta in pertinenza della Terra di Montecorvino, propriamente nel luogo detta la Fratta ovvero Fontana Cemmene, con alberi di olivi ed altri alberi da frutto, che proprio lui Sign. D. Gennaro comprò dai Signori Scipione e Tomaso, figli di Marino De Napoli, a confine con la via pubblica da due parti, i beni dotali di Giacomo Maglione e la fonte chiamata Fontana Cemmene”. C. Tavarone, Racconto storico e artistico della cappella di S. Maria delle Grazie in Montecorvino Rovella, Sarno dicembre 2018, p. 76.
Rocca e Casale
- “Alessandro, regio notaio e giudice in Montecorvino. Nel 1502 insieme al fratello Antonio ebbe in concessione l’affitto dei beni del Monastero di S. Lorenzo di Salerno”. (11)
- “Antonio fu regio consigliere di Alfonso II ottenendo il privilegio di esenzione, abitò a Napoli in un vasto palazzo, circondato da giardino e sito nella piazzetta dell’Arco, al seggio di Nido. Possedette un feudo fuori Napoli di circa 30 moggi, arborato e cinto di mura. Sembra che fosse un personaggio tenuto in gran conto dai re aragonesi. Aveva ricevuto dal re Federico D’Aragona 1.500 ducati sui diritti fiscali di terra d’Otranto. Fu credenziere della Regio dogana di Castellamare di Stabia, fra le più importanti del Regno, e infine una concessione di tutto il territorio appartenete alla Regia Curia, situata in Marittima Puntealorum. Tutti questi privilegi di re Federico li perse nel 1505 quando Ferdinando il Cattolico annullò gli atti di questo re”. (12) Per il ruolo svolto nel breve regno di Alfonso II fu quasi sicuramente il principale artefice del rilascio del diploma di nobiltà alle ventitré famiglie di Montecorvino. Negli ultimi anni della sua vita si ritirò nella casa natia di Ferrari, esercitando la professione di regio notaio. Nel maggio del 1508 lo traviamo al capezzale del sacerdote d. Gennaro Maiorino per scrivere e rogare l’ultimo e finale testamento. (13)
- Scipione II “fu dottore in Utrusque, regio notaio e giudice in Montecorvino e Salerno, patrizio e feudatario a Montecorvino sua terra natia e non venendo meno alla tradizione dei suoi avi di risiedere a Napoli alla corte degli Aragonesi. Fu cavaliere del Seggio di Porto, dove erano stati altri suoi avi, fu prediletto particolarmente da Ferdinando e Federico II. Sostenne e fu a fianco del re nella congiura dei baroni e re Federico II il 15 ottobre 1496 gli concesse un importantissimo privilegio, in riconoscimento dei suoi meriti, lo creò famigliare domestico e Commensale regio, trasmettibile ai suoi eredi, con tutti i privilegi di codesto istituto. Lo esentò dal pagamento di ogni tassa imposta e imponibile in futuro. Con la caduta della monarchia Aragonese si ritirò a Montecorvino, esercitando la professione di notaio”. (14)
- “Altri figli meno noti sono Giovanni e Luigi. Il primo chirurgo del re, nel 8 marzo 1488 ricevé tarì 2 e grana 10 per le spese in medicine servite a Don Ferrante, figlio naturale del re, che si trovava in prigione a Castel dell’Ovo. Il secondo era maestro e nel 1488 si recò a Gerusalemme per sciogliere da un voto il Duca di Calabria”. (15)
- Nei due nuclei inferiori si insediarono le famiglie De Angelo e Scafilo, provenienti da altri abitati di Ferrari e Cornea, e alcuni rami dei Damolidei. In particolare, questa famiglia, per numero e potenza economica divenne una delle casate più importanti e facoltose di Montecorvino, consentendo ad alcuni suoi membri di ricoprire cariche istituzionali all’interno dell’Università. Fra le personalità più in vista troviamo Giulio, ricco e potente proprietario terriero, il quale per il prestigio goduto nell’élite montecorvinese ottenne nel 1494 da Alfonso II il titolo di barone di Montecorvino. (16)
- “21 settembre 1598: Terra ortale nel casale Ferrari, giusto l’acqua corrente detta l’Acqua Viva”.
- “Anno 1308-9 in Castro Montecorbini: Presbiter Petrus Ferrarius grana X, Presbiter Johannes Ferrarius grana IV”. M. Inguanes – L. Mattei Cerasoli – P. Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Campania, città del Vaticano – Biblioteca Apostolica MDCCCCXLII, p. 404, n. 5981.
- “Uno dei gruppi famigliari più importanti ad Olevano tra i secoli XIII e XIV sembra essere quello dei Demiludedis. Un Demeloddeeus è ricordato tra i boni homines dell’inchiesta di Niccolò d’Aiello del 1203 mentre nel 1233 Petrus Demiludedis è baiulo di Olevano, personaggio in grado probabilmente di acquistare tale magistratura – si ricordi che l’ordinamento federiciano prevedeva che tale ufficio potesse essere concesso gratuitamente e a titolo oneroso, in ogni caso solo a personaggi di comprovata fedeltà al sovrano e rettitudine. Si tratta probabilmente dello stesso giudice Petrus de Demilodedis, testimone (ad hoc specialiter convocatus) nel 1240 della ricordata compravendita di una parte di un trappeto che vide come attore l’arcivescovo Cesario. Un altro iudex Demiludedi compare in un atto del 1250. Poi una lunga assenza nei documenti fino a giungere al 1307 quando un giudice Deumilududum capeggia i sindaci, procuratores et nuncios eletti dagli olevanesi, concives eorum de melioribus, nel riconoscimento definitivo delle prerogative monopoliste sui frantoi dell’arcivescovo dominus”. A. Di Muro, Terra uomini e poteri signorili nella Chiesa salernitana (secc. XI-XIII), Modugno 2012, pp. 139-140.
- “Gregorio di Damolidei testimone, chiamato, giurato ed interrogato … sul quarto [articolo] … [interrogato] sulle circostanze disse che lo stesso teste per tutte le cose, e aggiunse che lo stesso teste e suo fratello comprarono il detto erbaggio per sessantadue once dagli Ufficiali del signor Arcivescovo. Interrogato da quanto tempo disse da quarant’anni”. A.D.S., Reg. Mensa n. 33. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., pp. 24 a 33.
- “21 luglio 1554 casale Rubella
Il nobile Jacobo de Cunsilibus dona al figlio Ottavio due domo, una superiore coperta ad astrico e una terranea coperta ad astrico, sita nel casale Ferrarioru, giusto i beni di Juliano De Angelo, eredi del fu Rinaldo De Angelo e i suoi beni a tre parti, nonché una terra ortale ivi, avanti alle domo, do lo pizo delo muro di ditte case e la torre ad lo muro delo orto do la banna soprana, quali confina con li eredi del fu Rinaldo De Angelo, e per lungo e per largo palmi 18 da ditte mura di case verso lo orto, giusto li altri beni di esso Jacobo”. A.S.S., notaio N. Venturello, B. 3246. - A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253, 29 luglio 1565.
- “3 novembre 1558: Giovanni Tesauro vende a Desiderio Pezuti una domo terranea in due membri, sita nel casale Ferrarioru, bono Finamore de Cunzolibus, Giovanni de Cunzolibus e altri beni di detto Giovanni”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3251.
- “Diomede Cioffi di S. Cipriano sembra che nel 1420 si spostasse in Montecorvino per meglio sorvegliare i feudi posseduti in quelle terre, forse contratte con il matrimonio con qualche nobile donna di quel luogo (ignoto il casato). I Cioffi si stabilirono in Ferrari presso la strada pubblica. Questa casa aveva due corpi separati, Casa Cioffi soprana, Casa Cioffi sottana, e cioè situate nella parte alta del paese e nella parte bassa del paese, con locali a pianterreno e primo piano, con orti vicini” M. Cioffi, Memorie e documenti. Origine della famiglia, dattiloscritto, p 160.
- “10 giugno 1641: Casa Cioffi soprana alla Rocca. Possessione e domo diruta dalle fondamenta nel loco detto la Rocca seu Casa Cioffi soprana, giusto via pubblica, beni di Giulio Cesare De Angelo et altri. Redditizia per grana 5 a Santa Maria della Rocca”. A.S.S., notaio A. D’Alessio, B. 3298.
- Elenco dei beni della Chiesa di S. Pietro del 1634: “Item alla Tempa dei Cioffi, sotto il Convento dei Cappuccini, un olivetello che era beneficio semplice unito al Collegio, confinante con la piazza dei Cappuccini, la via che va alli Cappuccini e Horazio Invidiato, al presente Gio Carlo Serino, e la via che dalli Ferrari va a S. Eustachio”. Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. 15, p. 51.
- M. Cioffi, Memorie e documenti. Origine della famiglia, op. cit., p 160.
- M. Cioffi, Memorie e documenti. Origine della famiglia, op. cit., p 160.
- Testamento di d. Gennaro Maiorino del 26 maggio 1508. Alcuni giorni prima, il 5 maggio, il Nostro scrisse istrumento di donazione di beni da parte d. Gennaro alla chiesetta di Santa Maria delle Grazie. C. Tavarone, Racconto storico e artistico della cappella di S. Maria delle Grazie in Montecorvino Rovella, op. cit., pp. 16-75.
- M. Cioffi, Memorie e documenti. Origine della famiglia, op. cit., p 160. “Cioffi del Ramo medesimo che da Salerno il 15 ottobre 1496 ebbe da Re Federico II di Aragona un privilegio di familiarità del salernitano Scipione Cioffi in premio dei servizi prestati da lui e dai suoi antenati alla Casa Reale. (Nota: L’aggiunta è mia e la ricavo da <>, I, 1894 n. 1. Estratto dalla presentazione di P. Natella del libro: M. Cioffi, L’Abbazia di S. Leonardo di Salerno e la sua contrada, Salerno 2005.
- M. Cioffi, Memorie e documenti. Origine della famiglia, op. cit., p 160.
- F. Serfilippo, Ricerche storiche sulla origine di Montecorvino nel Principato Citeriore, Napoli 1856, p. 100.
La Fontana
- “3 dicembre 1564: Inventario dei beni del fu Pietro de Angelo del casale Ferrarioru.
Item tre case, una terranea e doi palaziate, site nel casale Ferrarioru, giusto i beni di Agostino de Gilio, lo herede de Parisi de Angelo, co uno cortiglio, confinante con la via pubblica de la Fontana. Item un’altra casa palaziata nel medesimo casale, confinante con Angelo de Angelo e Joe Jacobo de Beneditto. Item un’altra casa terranea nel medesimo casale, confinante con Nicola Meo e la via pubblica de la Fontana, un orto di sopra con vari alberi fruttiferi, confinante con Sapato Piccolo, Antonio de Angelo e la Fontana pubblica”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3253. - “4 gennaio 1556: Fra i beni di Nicomede de Angelo c’è una casa che si dice la torre e un horto murato, siti nel casale Ferrarioru”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3250.
- “13 settembre 1606: Marcantonio de Angelo possiede fra i suoi beni uno hospizio di domo, cioè quattro terranee e doi palaziate, con certe fabrite, con turri e giardino murato, site nel casale Ferrari, giusto i beni del Notar Vincenzo Vasso, domo di Alfonso Pezuto et altri”. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3271.In un successivo documento viene specificata il nome della torre: “19 giugno 1613: Inventario dei beni del fu Bartolomeo de Angelo: Item una casa terranea, sita nel casale Ferrari, e proprio sotto la Torre di Marcantonio de Angelo, giusto i beni del notar Vincenzo Vasso”. A.S.S., notaio V. De Dina, B. 3277.
- “27 gennaio 1622: Giovan Carlo Denza, in qualità di Economo e Cassiere della Venerabile Confraternita del SS.mo Rosario di S. Eustachio, vende a Flaminio Damolidei una domo terranea sive peduzzo o peduco di torra, sita nel casale Ferrari, giusto via vicinale, beni di Giovanni Bassi, eredi del fu Marci Antoni De Angelo per un prezzo di duc. 30. Il Denza afferma che detta domo è pervenuta alla sudetta Confraternita per essere erede del fu Bartolomeo De Angelo. Il detto Flaminio afferma che detta compera e stata fatta insieme ai fratelli clerico Verniero e Giovanni Basso”. A.S.S., notaio A. Meo, B. 3284.
- “8 agosto 1604: Il notar Carlo de Angelo possiede uno domo terranea coperta a pingi, un’altra domo co lamia discoperta con orto murato nel casale Ferrari, ubi dicitur la torre, confinanti con i beni di Alfonso Pezuto, Michele de Angelo e via pubblica”. A.S.S., notaio F. Maiorino, B. 3272. In un atto successivo del “23 marzo 1622, Vito de Angelo possiede fra i suoi beni una domo detta la torre, sita nel casale Ferrari, giusto i beni di Giovanni Bassi ed altri”. A.S.S., notaio A. Meo, B. 3284.
- F. Serfilippo, Ricerche storiche sulla origine di Montecorvino nel Principato Citeriore, op. cit., p. 100.
Arenara
- “6 Marzo 1771: Testamento del Magn. Crescenzo Corrado. Al figlio Tomaso assegna due giardini murati, l’uno attaccato all’altro, con due case dentro, una soprana e l’altra sottana, corrispondente alle porte dentro e fuori di detti giardini, siti nel casale Ferrari”. A.S.S., notaio M. Ragone, B. 3386.
- “6 Marzo 1771: Testamento del Magn. Crescenzo Corrado. Al figlio Nicolantonio lascia un appartamento di case con cortile e possessione contigua, con un’altra casetta terranea attaccata alla detta possessione, ed è sotto la casa di Fabio Vignola, con due siti di case dirute al cortile sudetto, site e poste nel casale Ferrari, le stesse che comprò dal Sign. Carmine Antonio Meo, atteso che l’altro sito di case dirute terranee e soprane col spiazzo ò sia piccolo cortile murato, corrispondente alla porta della possessione resta riservato ut infra.
Al Sign. Tomaso, suo figlio, assegna un appartamento di case in più e diversi membri, poste nel sudetto casale di Ferrari, nel quale esso testatore ha fatto dimora, sopra il soprannominato piccolo cortile con un suolo di case dirute, soprane e terranee, attaccati alli altri due siti di case lasciate al Sign. Nicolantonio, con espresso comando che non si possono cacciare in alcun modo finestre o altre servitù verso il cortile lasciato al sudetto Sign. Nicolantonio, e perciò si debbono fabbricare li vestigi antichi delle porte e finestre che esistono in detto sito di case, e cacciarli e farli in detto piccolo cortile, con fabbricarsi ancora la porta, che dal detto piccolo cortile sporge verso la possessione lasciata a sudetto Sign. Nicolantonio, e rispetto allo stillicidio di detto sito di case si debba formare a secondo il sito antico, e la grada vecchia attaccata a tutti li sudetti siti di case, che principia dal sudetto primo cortile, sia in beneficio di detto Sign. Nicolantonio”. A.S.S., notaio M. Ragone, B. 3386. - F. Serfilippo, Ricerche storiche sulla origine di Montecorvino nel Principato Citeriore, op. cit., p. 100.
- “29 novembre 1502 vendita da parte di Antonio Serfilippo a Don Gennaro Maiorino di una terra sita allo Sottano, giusto vallone dello Zillo, confinate con Marcelli De Lucia et altri. Atto per mano del notaio Pietro Arminio. Si sottoscrivono Agostino de Auria, giudice annuale, e i testi: Moscardini Piczuli, Giovanni Imbediata e Nicola Antonio Barbiero, tutti de Montecorbino”. Archivio Maiorino.
Arpignano nel Medioevo
Note
- “ … Padroni di interi ettari di terra fra Olevano e Montecorvino sono Arpinus, Maius e Frosius”. P. Natella, Studi Olevanesi, in “Euresis” 1990.
- “28 febbraio 1562: Pietro Angelo Frecena assegna al Magn. Innocenzio D’Alessio una terra con alberi di querce et altri alberi fruttiferi, sita nel loco detto lo Guarno in casale Arpignani, pertinente Olibano, confinante con altri beni detto Magn. Innocenzio, via pubblica et altri. In cambio riceve un olivito con alberi di olivi, sito nel luogo detto Santo Belardino, pertinente Montecorvino e proprio do la Chianello, confinante con Joe Cerasi, Santo Belardino et altri”.
A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3252. - C. Carucci, Codice Diplomatico Salernitano sec. XIII, I, Subiaco 1931-1946, p. 137.
- M. Inguanes – L. Mattei Cerasoli . P. Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Campania, città del Vaticano – Biblioteca Apostolica MDCCCCXLII, 399, n. 5900.
- Ratio Dec., op. cit., 447.
- A. Balducci, L’Archivio diocesano di Salerno, Salerno 1959, pp. 60.61.
- Concessione ad Enrico De Ligorio, Reg. Mensa n. 33. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, Battipaglia 2001, p. 122.
- “30 luglio 1559: Giulio e Simone de Cunzolo di Arpignano, Terra di Olibano, donano a D. Innocenzio D’Alessio, di Montecorvino, una terra con cerze e altri alberi fruttiferi, sita nella terra di Olibano e proprio ubi dicitur la Macchia di Sciarra, confinante con S. Maffei de Arpignano”.
A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3251. - “17 giugno 1397 Olibani
Muzzolo Biancamano, figlio del fu Pietro Biancamano, vende ad Antonio Picaturo di Acerno, figlio del fu Giovanni Picaturo, una terra con vigna, olivi ed altri alberi fruttiferi, sita nelle pertinenze di Olibano nel casale Arpignano per 11 oncie d’oro, pagati in carlini d’argento della moneta di Sicilia computando 60 carlini per oncia”.
C. Carlone, I regesti delle pergamene di Eboli, Salerno 1986, p. 69. - “26 giugno 1767 Ferrari
Il Sign Carmine Antonio Meo vende vari beni al Sign. D. Crescenzo Corrado.
Item due pezzi di oliveti e territorio vacuo e con cerze, con fontana dentro, chiamata di Mazzeo, uno contiguo all’altro, siti e posti nelle pertinenze dello Stato di Montecorvino, nel luogo chiamato Arpignano, o sia Fontana di Mazzeo, confinante alla parte di sotto con il territorio di Domenico Leo, comune et indiviso col Rev. Capitolo di S. Pietro, con i beni del Sign. Carlo Sparano, anche dalla parte di sotto, dal lato verso Levante con il Venerabile Monistero della SS.ma Annunziata dei Servi di Maria di detto Stato, da sopra e dall’altro lato con i beni della Venerabile Confraternita del Sacramento e Rosario di S. Eustachio, con altri beni del predetto Capitolo di S. Pietro”.
A.S.S., notaio S. Corrado, B. 3353.
“1729: Beni della Chiesa Collegiata di S. Pietro
Item un territorio di tom. 20 in circa con terre seminatorie e mortelleto nell’accennato luogo delle Pezze, quale confina dalla parte di oriente coll’acqua, che scende dalla Fontana di Mazzeo, e divide colli beni della SS.ma Annunziata di Montecorvino, e gli beni del Sign. Moscati della terra di Serino insino a Capo lo Cagniulo di detto Vallone, da mezzogiorno confina colli beni della macina di piedi, e divide con un limite, corrispondente ad un termine di pietra nel mezzo di detta terra posto, dalla parte di occidente confina colli beni delli Perilli, al presente Giuseppe Pozzuto e di Antonio Morrella, quale confina anco a mezzogiorno, da ponente lo vallone, o Resino , che divide dalli Signori Filippo ed Andrea De Angelis, seu detto Serra Arsa, e da tramontana confina colli beni delli detti Signori De Angelis”. Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. 16, p. 70. B. D’Arminio – N. Fortunato, Il patrimonio della insigne Collegiata di S. Pietro di Montecorvino Rovella, Salerno 2011, p. 65. - La seconda potrebbe essere nel luogo detto la Padula.
“3 giugno 1560: I fratelli D. Vincenzo e Hieronimo De Rosa di Acerno vendono alla Magn. Cornelia Nigro di Montecorvino una terra con querce, sita nella Terra di Olibano e proprio ubi dicitur la Padula, nei pressi di Arpignano e Maiano, confinante con detta Magn. Cornelia, per un prezzo di duc. 12”. A.S.S. notaio F. D’Alessio, B. 3251. - “13 marzo 1456 in Palatio Salernitano
Nicola, Arcivescovo di Salerno, assegna a Jacobo de Santa Maria di Pugliano, in sostituzione del vecchio Beneficiato, il presbitero Antonio de Persio di Eboli, commorante a Montecorvino, un olivito sito a Montecorvino, nel luogo detto li Birri, bono Sapatilli Maurilli, Antonelli de Nuzzillo di Montecorvino; un altro Olivito nel loco Arpignano, pertinente Olibani, bono Pietro de Buccardo, Marci de Canito et Angelo de Canito. All’atto è presente D. Paolo Sammartino di Montecorvino”.
A.D.S., Benefici e Cappelle 1374-1568, coll. n. 244. - “Anni ’50 del Quattrocento: Item viene assegnata al detto Don Guarna Celestino di Pugliano per la morte del venerabile viro presbitero Nicolao Magistro Morecta de Montecorbino, ultimo e immediato Beneficiato, la metà di un olivito seu Jure, sito nella terra di Olibano, in casali Arpignani, Nostra Diocesi Salernitana, giusto via pubblica, giusta i beni parrocchiale ecclesia Santi Maffei de Arpignano et alio confine. Detto olivito seu Jure Beneficio e in comune et indiviso con l’altra metà del presbitero Angelo Di Nardo di Acerno, habitator Olibano et Damiano Canito de Olibano, per la morte del fu presbitero Jovanni Cerque de Montecorbino, ultimo e immediato Beneficiato”. A.D.S., Ben. E Cappelle Mont. Pugliano – S. Tecla 1374-1568, coll. n. 244.
- “ A parte orientis incipit loco ubi dicitur Antiquus descendendo versus dictam partem orientis per montaneas propre ipsum locum et vadit per montaneas, quae dicitur Forcellata, et descendendo per ipsa montaneas per dicta partem orientis usque ad serram quae dicitur Serra Ventola, descendendo per vallonem, qui dicitur Francisco, quae acqua decurrit per ipsum vallonem, et vadit usque ad fluvium correntem, descendendo per vallonem ipsam parte orientis , quae aqua eiusdem fluvij correnti, descendendo usque ad fluvium Tusciani ..”A.D.S., Reg. Mensa n. 33. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 122.
- “5 ottobre 1562: Pietro de Notare di Olibano vende a Diomede De Alessio di Montecorvino un olivito sito e posto nel luogo detto lo Vallone di Francisco, pertinente Montecorvino e Olibano, confinante con il Compratore a due parti, il Venditore e Joe Beneditto De Alessio, per un prezzo di duc. 15”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3252.
- “27 luglio 1561: I nobili Pomponio, Orazio, Ludovico e Joe Jacobo de Urso, della terra di Olibano, vendono in perpetuo al Magn. Innocenzio de Alessio, di Montecorvino, due crediti di duc. 10 l’anno sopra la foresta detta Maiano, sita nel loco detto Maiano, pertinente Olibano, confinante con la Tarazza, per un prezzo di duc. 100”. A.S.S., notaio F. D’Alessio, B. 3252.
A cura di Gregorio Soldivieri
L’invaso di Chiararso
Incomincio a farmi un’idea
“I muri in pietra naturale utilizzavano le pietre di risulta, pietre non lavorate proveniente da scavi nei terreni e affiorati magari dopo aver arato il terreno. Un tempo l’aratura del terreno faceva affiorare varie tipologie di pietra e dopo averle scartate si selezionavano mettendo da parte le pietre calcaree e quelle tufacee scartando invece la pietra arenaria e quella silicea.”
Conclusione
- Fase - L’edificio oramai scomparso era un mulino alimentato dal Cornea
- Fase - Costruzione di un primo invaso e deviazione del fiume
- Fase - Costruzione di un muro sul primo muro e quindi ampliamento dell’invaso e canalizzazione del flusso verso il mulino.
- Fase - L’abbandono del mulino non ha reso più possibile governare (pulizie dei detriti) l’invaso e questo ne ha causato il crollo cedendo proprio nella parte più debole appesantita dal muro sovrastante.
“Queste deduzioni sono scaturite da un’attenta lettura dello stato dei luoghi ma non supportate da analisi archeologiche e geologiche, pertanto ciò che si è scritto non è assolutamente vincolante anzi vuole essere da sprone ad analisi più dettagliate e specifiche magari coadiuvate da tecnici ed esperti del settore.”
Gregorio Soldivieri