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Il “feudo dei Barracco” a Montecorvino: dinamiche e trasformazioni sociali nel XVI secolo
L’intervento di questo mio (quasi) abituale appuntamento con ‘montecorvinostoria’ riguarda un documento conservato nell’archivio arcivescovile di Salerno del 1437 (1), relativo alla concessione in feudo di alcuni territori posti nelle pertinenze di Montecorvino. L’atto, apparentemente sterile dal punto di vista storico, ad un’analisi più approfondita si presta a diverse chiavi di lettura, dando la possibilità di esaminare i complessi rapporti intercorsi tra l’arcivescovado salernitano e l’Università di Montecorvino nel convulso periodo che va dall’inizio del XV alla metà del XVI secolo.
L’antefatto
Il fatto
Il post-fatto
L’antefatto
Conclusione
NOTE
- Archivio Diocesano di Salerno, Registro della Mensa, n. 33
- “… Barracco di Barracco venne in Italia al seguito di Carlo I D’Angiò … Adalberto, figlio di Barracco, fu comandante di Gaeta; suo fratello Francesco, giustiziere in terra di Bari nel 1306, ebbe come figli: Raimondo … Barracchello … e Roberto, che generò un figlio che fu canonico, Antonio, e Giovanni, consigliere e gentiluomo di camera di Alfonso I d’Aragona …”, citazione da: www.nobili-napoletani.it. Cfr. anche “ L. Pollak, In memoria di Giovanni Barracco: il dono di un museo a Roma (nel centenario della sua morte), in Capitolium, 1929, n. 7, pp. 334-346: “ … Sotto gli Aragonesi si distinsero Giovanni de’ Barracco e suo figlio Angelo, quest’ultimo giureconsulto di valore …”.
- Cfr. “L. Scarpiello, R. Vassallo, A. D’Arminio, C. Vasso, Toponomastica storica montecorvinese, Battipaglia, 2001, p.44, nota 82.
- Cfr. “ G. D’ Ajello, Notizie storiche-genealogiche su una famiglia nobile salernitana: i Prignano, in Bollettino storico di Salerno e Principato Citra ( d’ora in avanti B.S.S.P.C. ), anno IX – n. 1 – 1991, pp. 51-58. A p. 53 l’autore riporta un atto notarile in cui è ricordato Carlo D’Ajello: « Il 16 di aprile del 1549 si ha un istrumento per Notar Gio. Antonio Cicalese di Salerno che gli infrascritti Nobili del Seggio di Portarotese di Salerno, cioè il Signor D. Carlo D’Ajello U. J. D. interveniente per sé e per Vincenzo D’Ajello, Gio. Ferdinando Capano, Antonello Manganaro, Antonello di Ruggiero …, Andrea Matteo D’Ajello per sé e per Vincenzo D’Ajello suo padre …, aggregarono al consorzio del detto loro Seggio di Porta Rotese il Signor Gio. Carlo Prignano di Salerno con i suoi figli e discendenti ».
- Per un approfondimento della questione si vedano: “ M. A. Del Grosso, Gli Arcivescovi Salernitani. Un esempio di feudalità ecclesiastica nel sec. XVI, in B.S.S.P.C., aa. XIV-XVI (1996-1998), pp. 79-176”; “ V. De Simone, L’Arcivescovo Fregoso e il feudo di Montecorvino, in Rassegna Storica Salernitana, N. s., A. 7, n. 2 (1990), pp. 211-220”; “ A pro della real Mensa Arcivescovile di Salerno, 1803, memoria a stampa, digitalizza in Google Libri”; “ Montecorvino Pugliano (Salerno). Sentenza della Corte di Appello di Roma. Sezione Speciale – 6 febbraio/10 marzo 1934, in Bollettino degli usi civici – Supplemento del ‘Bollettino Feudale’, Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, Anno IV – Fascicolo IV, Roma, Aprile 1934, c/o l’Istituto poligrafico dello Stato, 1935, pp. 1126-1160, in part. pp. 1140-1141 e 1145-1147”.
Giallo: Santo Cerino
Lettere: A: via Occiano – Rovella
B: via Castello Occiano
C: via Castello – Madonna delle Grazie
Numeri dei Toponimi: 1: Donnico 2: Vinea Dominica 3: Piano del Castello 4: Pozolum
Locus Montecorvino
Note:
- P. Natella, Vignadonica di Villa. Saggio di Toponomastica Salernitana, Agropoli 1984, p. 8. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, Battipaglia 2001, p. 10.
- C.D.C., VIII, pp. 53-54. Per la datazione A. Di Muro – B. Visentin, Attraversando la Piana, Salerno 1994, p. 61.
- C.D.C., VI, pp. 122 a 131.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 10.
- B. Visentin, Destrutturazione tarda antica e riorganizzazione alto medievale nelle terre del picentino (sec. VI -XI), in Schola Salernitana, annali III – IV, a. 1998 -1999, pp. 231 -232.
- “Emblematico è il caso del toponimo Montecorvino che da semplice <> nel periodo Longobardo, comprendente il monte Castello e la zona sottostante, si estese nel periodo Normanno all’intero territorio, grazie anche alla residenza del signore del feudo e al ruolo politico assurto dal Castello. Nel XIII secolo, infatti, la zona originaria del Locus venne chiamata <> e <> per differenziarsi dal resto del territorio”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, La stratificazione dei toponimi nello <> tra tardo antico e il rinascimento, In V. Aversano, Studi del Car. Topon., n. 1-2, Fisciano 2006, p. 104.
Castro Montecorvino
Note:
- A.D.S., Ben. e Cappelle Mont. Pugliano 1374-1568. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, Battipaglia 2006, p. 30.31.
- “Viene poi affermandosi definitivamente l’impiego di termini nuovi, decisamente più stabili nel loro significato insediativo. Diviene sempre più frequente il termine Villa”. M. Ginatempo – A. Giorgi, Fonti documentarie per gli insediamenti medievali, in A. M., 1996, pp. 26-27. A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 52.
- “Gli uomini che abitano questi insediamenti hanno come nucleo forte della loro vita sociale le piccole chiese sparse nella contrada che segnano i tempi e ritmi delle feste e dei momenti di aggregazione spirituale, oltre a costituire talora i fulcri dell’organizzazione dei casali”. A. Di Muro, La Piana del Sele in età normanna-sveva. Società, territorio e insediamenti, Bari 2005, p. 44.
San Marco de Castro
Note:
- “17 settembre 1560: I nobili Aurelio e Angelo Morretta vendono a Remedio Diomelodiede un oliveto sito e posto a Montecorvino e proprio dove si dice Santo Marco, confinante con Gabriele de Invidiato, via pubblica et altri confini. A.S.S., notaio N. Venturello, B. 3252.
- “Molti storici hanno posizionato erroneamente la chiesa presso l’attuale convento della Misericordia. Essa invece era sita all’interno di un oliveto appartenente nel 1729 alla chiesa di S. Pietro: <>”. Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. 16, p. 70. B. D’Arminio – N. Fortunato, Il patrimonio della insigne Collegiata di S. Pietro di Montecorvino Rovella, Salerno 2011, pp. 118-119. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31-42.
- “Nel 1634, fra i beni della Chiesa di S. Pietro: Item à Santo Marco, avanti la chiesa sono sette piedi di olivi, giusto li beni del Rev. Capitolo di S. Pietro, la via pubblica, lo vallone che scende alla fontana di Nubula et altri”. Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. V , p. 52.
- ” .. ma una situazione non diversa trapela dalla documentazione relative alle chiese minori dei casali in particolare e del territorio gravitante intorno al castellum Eboli in generale; queste si configurano, infatti, come detentrici di beni patrimoniali, per lo più fondiari”. A. Di Muro, La Piana del Sele in età normanna-sveva. Società, territorio e insediamenti, op. cit., p. 44.
- “Benenata, vedova del fu Gifono, il quale fu detto di San Marco, del Castello di Montecorvino”. J. Mazzoleni – R. Orefice, Codice Perris. Centro di cultura e storia amalfitano, Annali 1988, pp. 503 a 506.
- M. Inguanes – L. Mattei Cerasoli . P. Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Campania, città del Vaticano – Biblioteca Apostolica MDCCCCXLII, documento n. 2..A.. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31-42.
- “30 maggio 1508 Salerno: L’Arcidiacono Salernitano assegna al venerabile Don Giovanni de Sicignano, Cappellano del Rev.. mo Domino Roberto II di Sanseverino, Principe di Salerno, la cura del Beneficio di Santi Marci de Castro et Santa Crucis de Terra Montecorbino per la morte del fu honorabile viro Don Gennaro Maiorino de ditto loco, ultimo e immediato beneficiato.” Dopo alcuni mesi i due Benefici passarono nelle mani dell’Arcipresbitero di Montecorvino, per l’avvenuta morte di Don Giovanni de Sicignano”. A.D.S., Ben. e Cappelle Mont. Pugliano 1374-1568. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31 -42.
- “31 agosto 1508: Don Pietro Celestino, Arcipresbitero de Castro Montecorbino, prende corporale possessione e cura della Cappellania di Santi Marci de Castro de Montecorbino per la morte dell’ultimo Cappellano, Don Giovanni de Sicignano”. A.D.S., Ben. e Cappelle Mont. Pugliano 1374-1568. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31 -42.
San Giuda de Castro
Gli autori del Ratio Decimarum hanno erroneamente trascritto il nome di S. Giuda con S. Giudico, un santo inesistente e non documentato. La chiesa, quindi, era dedicata a S. Giuda Taddeo, apostolo di Gesù, invocato per i miracoli difficili o particolarmente difficoltosi. Il complesso casa chiesa fu costruito nei primi decenni del periodo normanno, lungo la strada che da S. Marco, costeggiando il Mainente, arrivava a casale di S. Martino. Era posto poco al disotto di S. Marco, al confine fra la diocesi di Salerno e quella di Acerno. Il piccolo abitato era parte integrante di Castro Montecorvino ed era ancora esistente all’inizio del’300. Nel Ratio Decimarum la chiesa risulta gestita dallo stesso rettore di S. Marco, mentre il cappellano era il beneficiato di S. Bartolomeo de Mortellis (1).
Note:
- “La chiesa si trovava nelle vicinanze di S. Marco de Castro, per entrambe il rettore era Riccardo Copula di Salerno. La gestione era affidata al presbitero Francesco che era anche rettore di S. Bartolomeo de Mortellis”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31- 42, documento n. 2.
San Matteo de Castro
Note:
- A.S.S., notaio D. Pica, B. 3303, 10 maggio 1657.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31-42, documento n. 2.
- A.D.S., Ben. e Cappelle Mont. Pugliano 1374-1568. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 31-42.
Santa Maria de Castro
Note:
- A. Giordano, Le pergamene dell’Archivio Diocesano di Salerno (841-1193), Battipaglia 2015. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, Montecorvino Rovella febbraio 2018, p 170.
- J. Mazzoleni – R. Orefice, Codice Perris. Centro di cultura e storia amalfitano, op. cit., pp. 615-616-634-635.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p 32, documento n. 2.
- A.D.S., Ben. e Cappelle Mont. Pugliano 1374-1568. A. D’Arminio L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p 32, 19 marzo 1505.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 30 -31, 25 maggio 1583.
Capialbi - Santa Croce
Il villaggio subì, così come avvenuto per Castro Montecorvino, un parziale spopolamento con l’emigrazione delle famiglie più importanti e influenti. Intorno alla chiesa di S. Croce l’abitato subì un minor declino così come appare dalle rendite della Chiesa, pari a tarì III e grana XIII. Il rettore era D. Marino Brancaccio che aveva una rendita di once una. I cappellani erano D. Accurso e D. Sancoris che per il loro servizio ricevevano tarì X (7).
Note:
- “Nel 1663 la chiesa diruta di Santa Croce era posta nell’oliveto dei fratelli Maiorini. Don Gennaro e Don Pompeo Maiorino possiedono un oliveto al luogo Santa Croce, giusto ecclesia diruta di Santa Croce, via pubblica e il vallone”. A.S.S., notaio D. Pico, B. 3303. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp 33 – 43.
- L. Pennacchini, Pergamene salernitane, Salerno 1941, pp. 164 a 168.
- L. Pennacchini, Pergamene salernitane, op. cit., pp, 69-70-71, agosto 1279.
- Nella terminologia medievale riguardante le tipologie costruttive esistono delle “formule di pertinenza” che sottintendono una concreta realtà, con una minuziosa dovizia di particolari precisi nella descrizione e delimitazione dei beni oggetto dei vari negozi giuridici. L’abitazione vera e propria veniva indicata con il termine generico di casa, mentre i due vocaboli sala e solarium facevano riferimento a due tipologie abitative diverse. Solarium e casa solariata suggeriva un’abitazione che si sviluppava anche verticalmente; sala invece indicava un edificio sempre ad uso abitativo ma che si sviluppava soprattutto orizzontalmente, un pianoterra.
- Per “velleiano” s’intende il famoso senatoconsulto del 46 d. C. col quale fu vietato alle donne di intercedere, cioè di assumere obbligazioni in favore di altri. Quindi il “beneficio velleiano” proibiva alle donne di fare da fideiussore: «Così il beneficio del senatus consulto vellejano de mulierum intercessionibus a detta de’ prammatici, e per molte consuetudini deve cessare, se la donna sia pubblica negoziatrice, e si obblighi per oggetti relativi al commercio da essa esercitato», cfr. Analisi ragionata del diritto civile francese col confronto delle leggi romane, aut. P. L. C. Gin, traduzione italiana di Tommaso Nani, Vol. I, Milano, 1805, p. 99, nota 68.
- Il nome di Maria assegnato alle donne della famiglia Lando Risso e Giovanni de Acerno indica che la venerazione verso la Vergine nel vecchio “Locus Montecorvino” era molto radicata. Nel nostro caso ha influito la vicinanza della chiesa di S. Maria de Castro e l’opera pastorale svolta dai suoi rettori e cappellani nei villaggi di Castro Montecorvino e Capialbi – Santa Croce. I due nomi dati a madre e figlia sono una ulteriore prova che il piccolo insediamento dei Lando Risso e Giovanni de Acerno fosse localizzato a Capialbi, nelle immediate vicinanze di S. Maria de Castro e della nuova chiesa di Santa Croce
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p 33.
Santa Croce
Note:
- Il toponimo “capialbi” (da “caput” – testa, e “albus” – bianco ) molto probabilmente deriva da un soprannome legato a una caratteristica fisica: uomo dalla testa bianca, chiara. Se il toponimo fosse stato al singolare avremmo dovuto ipotizzare che il nomignolo potesse essere stato attribuito a una qualsiasi persona dalla testa bianca, ad esempio una persona anziana ( e quindi avremmo avuto “capalbo”, o “capobianco”, cognomi abbastanza diffusi ancora oggi). Nel nostro caso, però, il plurale sta ad indicare un gruppo di uomini, una famiglia, mentre la preposizione “a li” il luogo dove tale gruppo era stanziato. Possiamo ipotizzare quindi l’arrivo di un gruppo di uomini dalla “testa chiara” (probabilmente biondi) che si impossessarono di quel determinato luogo, il quale venne detto appunto “a li capialbi”, cioè «il luogo dove dimorano gli uomini dalla testa chiara». Uomini dalla caratteristica capigliatura chiara furono i normanni, anche se non si può escludere un’origine longobarda del toponimo. A cura di Vito Cardine.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., p. 22.
- C. Carucci, Codice Diplomatico Salernitano sec. XIII, II, Subiaco 1936, p. 195.
- Archivio di San Pietro di Montecorvino, Libro Campione n. 5, anno 1634, p. 95.
- “Nei tempi remoti per le occorrenze comunali questi agenti prescelti al reggimento della Università si congregavano pei pubblici convegni nel sito dicevasi Santa Croce, nelle vicinanze del casale Torello, accosto alla Pietra così detta del Medico, ed ancor oggi vedendo quei ruderi della chiesa e della cancelleria sei quasi tuo malgrado invitato a contemplare silenzioso quanti fatti clamorosi con le più sensate deliberazioni nelle municipali conclusioni ebbero a risolversi in quei tempi trascorsi”. F. Serfilippo, Ricerche storiche sulla origine di Montecorvino nel Principato Citeriore, Napoli 1856, p. 26. Da quanto riferito dal Serfilippo, vissuto intorno alla metà del ‘800, é interessante rilevare la sua testimonianza sulla presenza e la qualità degli edifici della chiesa e casa di Santa Croce.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – C. Vasso – R. Vassallo, Toponomastica storica montecorvinese, op. cit., pp. 44 -45.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p 33.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p 33.
San Maffeo
Note:
- “La cappella di S. Filippo Neri di S. Martino possiede un territorio seminatorio di tom. 4 con olivi e querce nel luogo detto S. Maffeo, verso levante passa il vallone, e confina con i beni del Rev. Capitolo di S. Pietro, e tira per insino al sito della chiesa diruta, che si chiamava S. Maffeo”. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p. 43.
- ” Scrittura settecentesca sul dorso del documento del 29 novembre 1502: Oliveto detto lo Sottano, giusto vallone dello Zillo, confinante con Marcelli de Lucia ed altri ossia il primo come si scende dalla via pubblica di S. Maffeo, oggi di Carmine Maiorini”. Archivio Maiorino.
- “10 ottobre 1704: Fontana di S. Maffeo”.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 32 -43.
- C. Tavarone, Racconto storico e artistico della cappella di S. Maria delle Grazie in Montecorvino Rovella, Sarno 2018, p. 75.
- “29 agosto 1724”.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., pp. 32 -43.
Sottano
Note:
- “22 agosto 1716: Lo Sottano da sopra S. Martino con fontanella d’acqua”.
- “Agosto 1491: Elenco dei beni di Santa Maria di Occiano Item un’altra terra con olivi ubi dicitur lo Soptano per comune ed indivisa con ecclesia di Sante Crucis, qui tener D. Gennaro Maiorino, et debba solver ogni anno uno de olear”. A.S.S., notaio N. Venturello, B. 3246. A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, op. cit., p. 43.
- “Beni della Mensa di Salerno nel 1504: D. Gennaro Maiorino per un pezo de oliveto in loco ubi dicitur lo Soctano, la mità del quale nasce in dicto olivito se lo prende esso e no deve pagar più de mezo quarantino nel mese di febbraio”. A.D.S., Reg. Mensa n. 2, p. 62. D’Arminio – L. Scarpiello -V. Cardine, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, op. cit., pp. 67 – 104.
- “29 novembre 1502 vendita da parte di Antonio Serfilippo a Don Gennaro Maiorino di una terra sita allo Sottano, giusto vallone dello Zillo, confinate con Marcelli De Lucia et altri suoi beni. Atto per mano del notaio Pietro Arminio. Si sottoscrivono Agostino de Auria, giudice annuale, e i testi: Moscardini Piczuli, Giovanni Imbediata e Nicola Antonio Barbiero, tutti de Montecorbino”. Archivio Maiorino.
- “Donazione di D. Gennaro Maiorino dei suoi beni alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie del casale Castiuli del 5 maggio 1508: Item un oliveto integro o meglio una terra con olivi et altri alberi fruttiferi, sita e posta nella terra di Montecorvino e proprio ubi dicitur lo Sottano seu S. Maffeo, confinante col vallone a due parti, i beni della Chiesa di Santa Croce di Montecorvino parte in fitto ad esso Sign. Gennaro, la Chiesa di S. Giovanni a Mare di Salerno che tiene Giacomo Matteo Pico, gli eredi del fu Renzo (Marcello) de Lucia, i beni dotali di Antonio de Recco, Menico Pico e altri. Item una terra piantata a vigna, olivi et altri alberi fruttiferi, sita in pertinenza di Montecorvino et proprio ubi dicitur Santa Croce Soprana, confinante con i beni di Agostino de Sparano e con la via pubblica da due parti”. Archivio Maiorino. C. Tavarone, Racconto storico e artistico della cappella di S. Maria delle Grazie in Montecorvino Rovella, op. cit., pp. 75 – 76.
- Io come sopra Guglielmo Giudice
- Io predetto abate Simone capograsso diacono della chiesa salernitana sono testimone
- Io predetto Giacomo boccapizzolo sono testimone
- Io predetto Matteo de Ursone sono testimone
- Io predetto Bartolomeo ferrario sono testimone
Inquisitur de valore infrascriptarum Ecclesiarum
- 5879 Ecclesia S. Mattei de Castro tarì I 1\2.
- 5880 Ecclesia S. Marci de Castro tarì VI.
- 5884 Ecclesia S. Marie de Castro tarì II.
- 5894 Ecclesia S. Crucis tarì III e grana XIII.
Inquisitio Ecclesiarum Castri Montis Corbini et eius casalium
- 9958 Item ecclesia S. Crucis, cuius est rector abbas Marinus Branchacius de Neapoli, cui valet unc. unam, dompnus Sancoris cappellanus eiusdem ecclesie, dompnus Acurso eiusdem ecclesie tarì X.
- 5961 Item ecclesia S. Iudichi de Castello, cuius est rector abbas Rcardus Copula de Salerno, cui valet unc. unam e tarenos XV, et dompnus Francischus cappellanus eiusdem ecclesie.
- 5962 Item ecclesia S. Mathei de Castello, cuius est rector diaconus Rogerius de Olibano tar. XII, et dompnus Nicholaus cappellanus eiusdem ecclesie.
- 5963 Item ecclesia S. Marie de Castello, cuius est rector dompnus Mafeus de S- Marcho de Salerno, cui valet tar. XX, et dompnus Nicholaus cappellanus eiusdem ecclesie.
- 5694 Item ecclesia S. Mathei de Nyorceta, cuius est rector Abbas Guillelmus Caput Grassus de Salerno, cui valet unc. unam et tar. VI, et dompnus Acurso cappellanus eiusdem.
Salerno – III. Decime e inquisizioni dell’anno 1309
- 6466 Item abbas Rizardus Copula est rector ecclesie S. Marchi de Montecorbino qye valet unc. I et tar. V.
- 6467 Item dompnus Matheus de S. Matheo de Salerno est rector ecclesie S. Marie de Castello predicto que valet tar. XX.
- 6468 Item abbas Guillelmus Caputgrassus est rector ecclesie S. Mathei de Morteta que valet unc. I et tar. VI.
- M. Inguanes – L. Mattei Cerasoli . P. Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Campania, città del Vaticano – Biblioteca Apostolica MDCCCCXLII.
- Io come sopra Giovanni, Giudice.
- Io predetto notaio Filippo Dardano, sono testimone
- Io suddetto Antonio de leonardo, sono testimone
A cura di Vito Cardine
S. Biagio
La chiesa dei Ss. Matteo e Tommaso venne fondata a Salerno in hortum magnum dal gastaldo Pietro, figlio del fu Landolfo. Dopo aver ottenuto la carta libertatis dall’arcivescovo nel 970, il fondatore l’anno successivo concesse la chiesa al presbitero Cinnamo, con la terra e la casa ad essa congiunte e tutti i beni che le erano stati donati. (3) L’atto di dotazione, però, venne stipulato da Pietro, con il nuovo titolo di conte, qualche anno più tardi, nel 976: tra i beni elencati nella donazione figura anche un pezzo di terra che Pietro possedeva <>. (4) Le proprietà del conte in questo territorio sono però più ampie: la terra donata alla chiesa infatti è circondata su tre lati da altri suoi possedimenti, mentre sul quarto lato un “rivus” la divide da quelli di S. Angelo <<de monte aureo>>. I terreni appaiono già frazionati, divisi tra loro da “termini”. È ipotizzabile quindi che vi siano delle famiglie di contadini che abbiano in concessione le proprietà del conte, anche se non tutti i lotti però sembra che siano coltivati. Metà del terreno donato a S. Matteo, infatti, entrerà immediatamente nel pieno diritto della chiesa; l’altra metà, invece, spetta ai figli di un tale Domenico, che vi hanno piantato una vigna con contratto di pastinato: essi godranno i frutti del loro lavoro fino alla scadenza della concessione, fatta verosimilmente dallo stesso Pietro qualche anno prima. La parte di cui la chiesa può disporre subito non ha evidentemente alcun vincolo contrattuale e dunque è presumibilmente incolta. Ciò fa supporre che intorno agli 70/80 del X secolo questa zona fosse in parte non coltivata, con alcune famiglie che tentavano di “addomesticare” dei terreni fortemente accidentati, nella migliore delle ipotesi votati al pascolo, come il successivo toponimo “baccarecze” potrebbe suggerire.
Sull’ubicazione della chiesetta mi sembra che ci siano pochi dubbi. Le due curtes del beneficio concesso a Stefano hanno dei confini precisi: “… da pars orientis fine ballone qui discernit inter istut et rebus de archiepiscopio salernitano, et sicut discendi ipso ballone et coniungit se in ribus qui dicitur tranusu, saliente usque in capite de ballone manufactu, et per ipso ballone quod est carbonario manufactum, pergentem in capite de una insclitella perientem in capite de una insclitella ipsius ecclesie, quod ego predictus habbas mee potestatis retineo, et abinde rebolbentem et coniuniente in cantone de predicta curte, quod tenuerunt ad laborandum ipsi filii iohanni guineczi, et bia inde discendi …”
Note:
- CDC, VI, 958, pp.129-131
- Barbara Visentin sostiene, invece, che “baccarezze” potrebbe sopravvivere nel toponimo “caprarizzi”, non lontano dall’abitato della frazione Torello. Cfr. B. Visentin, Destrutturazione tardo antica e riorganizzazione altomedievale nel territorio del Picentino (secc. VI-XI), in “Schola Salernitana” III-IV, (1998-1999), pp. 243-278.
- CDC, II, 263, pp. 64-66.
- CDC, II, 265, pp. 67-68.
- Riguardo questo punto vi è da fare una necessaria precisazione. Ritengo infatti che gli eredi di Strati citati nell’atto non siano i figli, i quali nei documenti dell’epoca di solito venivano designati come tali in modo specifico. Dobbiamo pensare quindi o a parenti collaterali (fratelli o figli di fratelli, zii, cugini, ecc.), oppure molto più probabilmente ai nipoti, figli dei figli. Se si tratta di parenti collaterali oppure vi è stato un passaggio diretto dal nonno ai nipoti il terreno sarebbe coltivato dalla stessa famiglia da due generazioni. Se invece vi è stato un naturale decorso di padre in figlio ci troveremmo alla terza generazione, stimando così la permanenza della famiglia sul terreno ad almeno tre decenni. Strati, quindi, avrebbe cominciato a “pastinare” il fondo durante il primo decennio del secolo o al massimo intorno al 1020. I contratti “ad pastinandum”, solitamente concessi per rendere produttive terre incolte, avevano una durata variabile a seconda dei prodotti messi a coltura, ma solitamente duravano nel salernitano circa dieci anni. Non prevedevano il versamento di canoni o corrispettivi (tranne in alcuni casi il “terratico”) in virtù del fatto che il concessionario doveva avere il tempo per portare a frutto i terreni concessigli. Una volta rese produttive, le terre si concedevano con modalità differenti (tra cui il contratto “ad laborandum”), in cambio di compensi in natura (comprendenti anche corveè e giornate di lavoro da prestare gratuitamente al proprietario) o veri e propri canoni in denaro. I benefici invece erano dei veri e propri patti bilaterali e non delle semplici concessioni: si stipulavano con contratti di livello a fronte di un canone fisso stabilito all’atto della stipula.
- “29 novembre 1502 vendita da parte di Antonio Serfilippo a Don Gennaro Maiorino di una terra sita allo Sottano, giusto vallone dello Zillo, confinate con Marcelli De Lucia et altri suoi beni. Atto per mano del notaio Pietro Arminio. Si sottoscrivono Agostino de Auria, giudice annuale, e i testi: Moscardini Piczuli, Giovanni Imbediata e Nicola Antonio Barbiero, tutti de Montecorbino”. Archivio Maiorino.
- “Donazione di D. Gennaro Maiorino dei suoi beni alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie del casale Castiuli del 5 maggio 1508: Item un oliveto integro o meglio una terra con olivi et altri alberi fruttiferi, sita e posta nella terra di Montecorvino e proprio ubi dicitur lo Sottano seu S. Maffeo, confinante col vallone a due parti, i beni della Chiesa di Santa Croce di Montecorvino parte in fitto ad esso Sign. Gennaro, la Chiesa di S. Giovanni a Mare di Salerno che tiene Giacomo Matteo Pico, gli eredi del fu Renzo (Marcello) de Lucia, i beni dotali di Antonio de Recco, Menico Pico e altri. Item una terra piantata a vigna, olivi et altri alberi fruttiferi, sita in pertinenza di Montecorvino et proprio ubi dicitur Santa Croce Soprana, confinante con i beni di Agostino de Sparano e con la via pubblica da due parti”. Archivio Maiorino. C. Tavarone, Racconto storico e artistico della cappella di S. Maria delle Grazie in Montecorvino Rovella, op. cit., pp. 75 – 76.
- A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, Battipaglia, 2006, p. 33
APPENDICI
- Io come sopra Ademario giudice
- Io come sopra Alberto
- Io come sopra Ademario notaio mi sottoscrissi
- Io come sopra, Giovanni Presbitero e abate
- Io Simeone, presbitero e primicerio.